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Copywriting inclusivo: sul web e sui social usa un linguaggio che non discrimina

Copywriting inclusivo: sul web e sui social usa un linguaggio che non discrimina

Per non alimentare stereotipi e pregiudizi scegli le parole giuste: ecco cosa devi sapere

Quando scriviamo sul web dobbiamo stare molto attenti a non offendere singole persone o intere categorie di persone.

Anche se spesso si tratta di errori involontari e in buona fede, le conseguenze di un copy non attento alle persone possono essere terribili sulla reputazione di chi scrive e dell’azienda che rappresenta.

Chiunque abbia la responsabilità di scrivere e publicare a nome di un’azienda, sia esso un copywriter, un social media manager, un redattore o un giornalista dovrebbe conoscere a memoria le regole da seguire per scrivere in modo inclusivo e non cadere in questi spiacevoli errori.

Vediamo prima di tutto una definizione di linguaggio inclusivo, poi come funziona la nostra lingua e infine quali sono i temi che il linguaggio inclusivo si propone di trattare.

Linguaggio inclusivo: definizione

Il linguaggio inclusivo si basa sulla costruzione di forme di comunicazione prive di stereotipi, pregiudizi e atti discriminatori nei confronti di determinate categorie di persone.

Usare un linguaggio inclusivo significa dunque non utilizzare parole, frasi, immagini e toni che perpetrano stereotipi di genere o discriminazioni verso specifici gruppi di persone a causa del loro sesso, orientamento sessuale, identità di genere, età, etnia o aspetto fisico.

copywriting inclusivo

L’italiano è un linguaggio binario

L’italiano, per sua natura, non è una lingua neutra. Quando comunichiamo abbiamo a disposizione un linguaggio che grammaticalmente si declina in due modi: al femminile e al maschile. 

Se parliamo di linguaggio inclusivo va da sé che per definire moltitudini di persone tale binarismo non sia più sufficiente.

Se consideriamo che la lingua è un insieme di regole e significati in costante evoluzione e che siamo alle prese con qualcosa che cambia di giorno in giorno mi sembra doveroso provare a dettare delle regole e a mettersi in gioco per cambiare ciò che “è sempre stato così”, fosse solo per sensibilità o attenzione verso altre persone.

Attenzione al maschile sovraesteso

L’esempio più rappresentativo di discriminazione di genere è Il maschile sovraesteso (o maschile generico), una delle convenzioni più diffuse nella lingua italiana tanto da non farci ormai più caso.

Il maschile generico è quell’espediente linguistico che comporta l’uso del genere grammaticale maschile per includere sia gli uomini che le donne.

In italiano, ad esempio, si usa il termine “fratelli” per indicare sia i fratelli che le sorelle; e anche la forma al singolare è caratterizzata dall’uso del maschile (il sostantivo maschile “medico” indica sia professionisti uomini che professioniste donne).

Ad esempio, la frase declinata al plurale maschile:

“Gli studenti stanno svolgendo una prova pratica”

Potrebbe benissimo essere sostituita con la frase:

“La classe è impegnata in una prova pratica”, comprendendo così il maschile e anche il femminile:

La nostra lingua è piena di costrutti come questo, che ricorrono al maschile sovraesteso.

In realtà, se riflettiamo, le alternative per adottare un linguaggio che includa anche le donne esistono.

La festa dei lavoratori, ad esempio, può diventare “La festa del lavoro”; per definire gli studenti possiamo utilizzare il collettivo “classe”; al posto di benvenuto potremmo utilizzare un più caloroso “Siamo felici di averti qui”.

Con un po’ di creatività possiamo costruire un discorso più inclusivo. Proviamo a cambiare il punto di vista nella frase, usiamo i nomi collettivi e astratti, i sinonimi.

Cerchiamo di non utilizzare sostantivi, pronomi e aggettivi che non siano neutri.

La nostra lingua ci offre tante soluzioni per aggirare il maschile sovraesteso, come quelle di utilizzare perifrasi, forme impersonali, o preferire i verbi ai participi.

Quando dobbiamo fare riferimento ai gruppi di persone andiamo alla ricerca dei sostantivi generici che definiscono le categorie.

Ad esempio, per i indicare “i medici” possiamo utilizzare anche “personale medico”; per “professori” e “docenti” usiamo “corpo docente”; sostituiamo “scienziati” con “comunità scientifica”.

Copywriting inclusivo: di cosa parliamo

Si parla di linguaggio inclusivo da sempre, ma negli ultimi anni la conversazione è quanto mai attuale e calda.

Il copywriting inclusivo fa riferimento a quei temi che toccano la sensibilità delle persone. I temi sono quelli di cui la società discute da sempre: il sesso, le disabilità, l’età, le malattie, la religione, l’etnia e la politica.

Vediamoli uno alla volta.

Sesso

Alcune persone si identificano con il sesso che hanno dalla nascita; altre, invece, hanno scoperto durante la vita di appartenere a un genere che non corrisponde al sesso di nascita. 

Bisogna evitare qualsiasi contenuto che ne parli come fosse una patologia o che ne sminuisca il genere.

È importante anche non usare un linguaggio che riduce le persone al loro sesso biologico dando per scontato l’identità di genere.

Per questo motivo non scrivere:
“Questo post è per tutti i maschi”
“Il prodotto x è per vere donne”

Usa il genere come aggettivo, non come sostantivo. E non usare la sessualità come condizione.

Non scrivere: “Un gay”
Scrivi: “Una persona gay”

Se devi parlare di famiglia considera di parlare a diverse forme di famiglia, non solo quella tradizionale.

Il mondo non è diviso in pecore e capre.
Non tutte le cose sono bianche o nere.
È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete.
Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte.
Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto.
Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo a una profonda comprensione delle realtà del sesso.

Sono parole di Alfred Kinsey, biologo e sessuologo statunitense

linguaggio inclusivo

Donne

Le donne non sono più solo mamme, mogli, casalinghe, cuoche o maestre. Quando parliamo di donne dobbiamo imparare a stare lontani da questo stereotipo, quest’idea che le ingabbia in un ruolo ormai superato, o almeno non sempre condiviso.

Non usare sempre “uomini e donne”, ma anche “donne e uomini” (se ti sembra che non suoni bene è perché non siamo abituati).

Fai attenzione al maschile sovraesteso: non usare “uomini” per indicare la razza umana.

Scrivi “diritti umani” e non “i diritti dell’uomo”.

Scrivi “bambini e bambine” e non solo “i bambini”.

Ministra, magistrata, sindaca: se ci suona strano non è per ragioni di tipo linguistico, ma culturale, come ha scritto l’Accademia della Crusca. 

Dunque l’utilizzo al femminile di questi e altri nomi storicamente maschili è non solo corretto, ma anche inclusivo.

Età

L’età è importante solo quando parliamo di vini, formaggi e prodotti alimentari che richiedono stagionatura, quando parli di persone non usare “giovane”, “vecchio”, “anziano”.

E non inserire l’età se non è indispensabile.

Non scrivere: “Sconto del 30% per tutti gli anziani dai 65 anni in su”.

Scrivi: “Sconto 30% per tutte le persone dai 65 anni in su”.

Disabilità e malattie

Quando si parla di disabilità e malattie il rischio più grande è quello di identificare la persona con la sua disabilità, cosa che accade quando chiamiamo qualcuno “disabile”.

Ecco alcuni modi corretti per parlare e scrivere le disabilità:

Non scrivere “disabile”, “handicappato”
Scrivi “persona con disabilità”, “persona con handicap”

Non scrivere “cieco”
Scrivi “persona cieca”

Non scrivere “bambino autistico”
Scrivi “bambino con autismo”

Cos’ha di sbagliato l’utilizzo di parole come “disabile”?
Sono termini totalizzanti e identificano la persona con la sua patologia o il suo problema.
Al contrario, l’espressione “persona con disabilità” lascia intendere che la persona possiede molteplici tratti e che la disabilità è solo uno di essi. 

Inoltre:

Non riferire una disabilità se non è indispensabile.

Non associare una persona con disabilità a termini che svalutano.

Questo vuol dire rispettare e valorizzare ogni persona indipendentemente dalle sue caratteristiche fisiche.

È importante anche non sottovalutare le malattie e il modo di parlarne. Termini come “dislessia”, “depressione” o “pazzia” non sono metafore adatte per indicare comportamenti di persone sane con qualche problema esistenziale: utilizzale nel contesto corretto.

Etnia

L’etnia di qualcuno va scritta solo quando è indispensabile per la comprensione del testo (cosa che non avviene quasi mai se pensiamo per esempio alle notizie di incidenti).

Quando parliamo di etnia o razza dovremmo poi cercare di capire sempre come queste persone preferiscono essere definite.

Religione

Anche religione di una persona va sottolineata se è indispensabile per la comprensione del testo.
Stessa cosa per quanto riguarda il credo di tipo politico.

Per comunicare senza escludere è necessario dunque:

  • comprendere quali significati si nascondono dietro determinate parole, 
  • essere consapevoli di come la collettività percepisce determinati discorsi,
  • capire come evolve la nostra lingua.

Saper comunicare utilizzando un linguaggio inclusivo non è qualcosa di definito, ma è un processo: la lingua, infatti, è in costante mutamento e risente fortemente del contesto sociale e dell’utilizzo che di essa fanno i parlanti. 

Per comunicare in modo inclusivo prepariamoci allora ad accogliere i cambiamenti e a rivedere le nostre abitudini linguistiche ogni qualvolta ce ne sarà bisogno. Io trovo sia un tema molto interessante, tu cosa ne pensi?

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Promuovi il tuo lavoro con una Comunicazione Etica: la Netiquette e la scrittura etica

*Gli esempi sono tratti dal libro “Manuale di copywriting e scrittura per i social” di Antonio Cannavacciuolo

Creo e gestisco contenuti per blog e siti web e scrivo testi ottimizzati SEO per un migliorarne il posizionamento sui motori di ricerca.

Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

Copywriter

 

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Promuovi il tuo lavoro con una Comunicazione Etica: la Netiquette e la scrittura etica

Promuovi il tuo lavoro con una Comunicazione Etica: la Netiquette e la scrittura etica

Chi scrive sul web dovrebbe attenersi sempre ad un’etica, nel rispetto del lettore ma anche della parola, proprio perché ne comprende la forza e il valore.

Sono in molti a chiedersi se esistono delle regole che stabiliscono quale sia la buona comunicazione. Una comunicazione etica intendo, quella comunicazione che funziona proprio perché si fonda nel rispetto dell’altra parte.

Ormai lo abbiamo visto: non possiamo non comunicare.

A questo proposito ho scritto un articolo sugli Assiomi della Comunicazione, dove spiego alcune proprietà della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali.

Possiamo comunicare bene oppure male. Non solo nel senso dell’efficacia e della chiarezza, ma anche nello scopo di raggiungere un’intesa, per venire compresi e per comprendere.

È a questo scopo che parliamo di comunicazione etica.

Ricordiamo poi che il virtuale non è altro che un potenziamento della realtà. Molti pensano che scrivere grazie a una tastiera non sia l’equivalente di parlare, ma non è così.

All’interno di questa realtà virtuale divenuta quasi una realtà parallela, emergono anche per gli abitatori della rete (netsurfers) criteri morali da assumere, quell’insieme di comportamenti che devono essere adottati quando si naviga in rete. 

A questo proposito sono state elaborate diverse prescrizioni: alcune si fondano su argomenti di carattere giuridico, altre su motivi di opportunità o su sollecitazioni morali, altre ancora si fondano su esigenze legate alle buone maniere.

Vediamone alcune.

Linee guida per l’utente che usa la Rete: i Dieci Comandamenti di Arlene Rinaldi

Arlene Rinaldi (Florida Atlantic University) ha tentato di fissare prescrizioni elaborando gli ormai noti “dieci comandamenti” che dovrebbero essere rispettati da chiunque usa un computer.

In questo caso, più che di etica dobbiamo parlare dunque di netiquette.

È essenziale che ciascun utente della rete riconosca le responsabilità insite nel fatto di avere accesso a un gran numero di servizi, siti, sistemi e persone. 

Ma va ricordato che, come scrive Arlene Rinaldi:

Il fatto che un utente possa compiere una determinata azione non implica necessariamente che debba compierla.

Inoltre:

L’uso della rete è un privilegio, non un diritto, e potrebbe essere temporaneamente revocato in qualunque momento a causa di una condotta scorretta.

Quella di Arlene Rinaldi è una curiosa parafrasi della nota Tavola dei dieci comandamenti.

Si tratta delle prime regole apparse in Rete, oltre 20 anni fa, per cercare di regolamentare l’utilizzo di Internet e dei computer più in generale.

Questi sono i dieci comandamenti dell’etica sull’uso dei computer così come sono stati pensati da Arlene Rinaldi nella ormai famosa (almeno per gli addetti ai lavori) The Net – Guida per l’utente e Netiquette.

I dieci comandamenti dell’etica sono i seguenti:

  1.  Non userai un computer per danneggiare altre persone.
  2.  Non interferirai con il lavoro al computer di altre persone.
  3.  Non curioserai nei file di altre persone.
  4.  Non userai un computer per rubare.
  5.  Non userai un computer per portare falsa testimonianza.
  6.  Non userai o copierai software che non hai dovutamente pagato.
  7. Non userai le risorse di altri senza autorizzazione.
  8. Non ti approprierai del risultato del lavoro intellettuale altrui.
  9. Penserai alle conseguenze sociali dei programmi che scrivi.
  10. Userai il computer in modo da dimostrare considerazione e rispetto.


Esempi di azioni scorrette:

  • Depositare informazioni illegali su un sistema;
  • L’uso di linguaggio irrispettoso in conversazioni pubbliche o private;
  • Lo spedire messaggi che molto probabilmente provocheranno la perdita del lavoro o dei sistemi dei destinatari;
  • Lo spedire “lettere a catena” o messaggi “broadcast” (spediti in copia a tutti) a liste o a gruppi di utenti;

e qualunque altro tipo di uso che possa causare la congestione delle reti o in altro modo interferire nelle attività altrui.

Comunicazione Etica

Scrittura Etica

Comunicare e scrivere sono atti di condivisione e di crescita comune: devono essere fondati su valori di rispetto, trasparenza e lealtà.

Consigli per scrivere in modo etico:

  1. Condividi contenuti di valore
  2. Sii autentico e originale
  3. Non offendere e sii sempre gentile
  4. Studia e sii competente
  5. Scegli le parole con cura
  6. Permettiti di criticare solo se è utile

Il progetto di Scrittura Etica intende diffondere, attraverso una serie di azioni concrete e di iniziative, una vera educazione all’uso consapevole della scrittura, strumento espressivo del nostro grado di civiltà.

Il manifesto di Scrittura Etica ci ricorda che:

“Tutte le volte in cui utilizzi la scrittura per denigrare, attaccare, offendere ne stai facendo un uso improprio.
Sia che si tratti di attacco diretto a commenti, opinioni, pensieri espressi da altri;
sia che – ancor peggio – siano illazioni occulte, disseminate tra le righe:
sembrano innocue ma in realtà mirano ad ottenere un effetto comunque di attacco,
a mettere in cattiva luce qualcuno o qualcosa.
La scrittura è strumento di espressione, di crescita, di divulgazione;
non va piegata ai propri piccoli obiettivi personali, non va strumentalizzata.
Chi scrive deve o dovrebbe attenersi sempre ad un’etica;
avere il massimo rispetto per la parola scritta proprio perché ne comprende la forza e il valore.”

Testo tratto da Il manifesto della Scrittura Etica

Etica della comunicazione secondo Andriano Fabris

In realtà è molto difficile stabilire norme precise che regolamentino l’utilizzo dei mezzi informatici, sia sul piano etico sia sul piano giuridico (il confine tra i due è spesso molto labile), soprattutto a causa dell’impossibilità materiale di controllare ed eventualmente sanzionare infrazioni alle norme stesse. 

Sul piano etico è stata scelta la strada dell’autoregolamentazione, sia da parte dell’utente sia da parte del provider o fornitore di beni/servizi informatici e telematici. 

Sul piano giuridico i singoli Stati e la stessa Unione Europea hanno cercato di delineare l’ambito e di stabilire regole il più precise possibili e sanzioni applicabili. 

Tuttavia i codici non bastano a dettare legge e dovrebbe essere il buon senso di ciascun navigante a stabilire cosa condividere e cosa no.

Secondo Adriano Fabris (professore di Filosofia morale all’Università degli Studi di Pisa) bisogna invece fornire le motivazioni e stabilire perché bisogna compiere determinati atti piuttosto di altri.

Etica di internet ed etica in internet

L’etica in Internet con il suo rinvio alla responsabilità di ciascun soggetto connesso, si occupa di questo. Ma non basta.

Per giustificare l’adozione di determinati comportamenti l’etica in Internet deve essere a sua volta collocata in un contesto più generale, quello dell’etica di Internet.

Quest’ultima deve esibire i principi generali presupposti dalle scelte concrete. Fondare tali principi è compito della più generale etica della comunicazione.

Ecco che accanto al galateo in Internet vi sono dei regolamenti che danno delle indicazioni sui modi in cui certi testi multimediali devono essere scritti.

Si veda nel caso del blog, di una email, di una chat o di un sito come tenere un comportamento corretto e rispettoso sia alla base della “buona convivenza” in una comunità virtuale.

Dal momento che Internet non è gestito da un ente supervisore, unico e riconosciuto, la responsabilità di quanto pubblicato online ricade sul singolo, sui programmatori o sulle aziende.

Pertanto è il singolo individuo che, nel rapportarsi con la virtualità, deve impegnarsi a seguire un comportamento etico.

A questo punto dell’articolo sappiamo bene a cosa mi riferisco, sei d’accordo? Se hai trovato interessante questo articolo mi piacerebbe scambiare due parole con te, lasciami un commento nel box qui sotto!

Ti consiglio un libro:

  • Fabris Adriano, Etica della Comunicazione, Carocci, Roma, 2010

Articolo pubblicato il 13.01.2021, rivisto e aggiornato il 02.11.2023

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Il processo comunicativo efficace: caratteristiche, implicazioni e barriere

Il processo comunicativo efficace: caratteristiche, implicazioni e barriere

Per comunicare in modo efficace e consapevole è necessario prima di tutto saper ascoltare il nostro interlocutore e limitare al minimo le barriere delle comunicazione

Noi tutti comunichiamo e attiviamo, spesso anche senza rendercene conto, processi di scambio e relazione reciproca con il nostro interlocutore.

Comunicare in modo efficace significa saper esprimere il proprio pensiero in ogni situazione, sia a livello verbale che non verbale (espressioni del viso, tono di voce, gestualità) in modo chiaro e coerente.

Ma soprattutto significa fare in modo di essere compresi dal nostro interlocutore.

Importante è conoscere quali sono e come influiscono le barriere della comunicazione sull’efficacia della comunicazione stessa e della relazione.

Dal momento che non si può non comunicare perché lo stesso silenzio comunica il desiderio di non comunicare, è bene tenere a mente quelle semplici regole della comunicazione note come gli Assiomi di Watzlawick (o Assiomi della Comunicazione).

Saper comunicare in modo efficace è importante tanto in campo lavorativo quanto in campo esistenziale.

In campo lavorativo comunicare in modo efficace ci permette di evitare errori e incomprensioni, di migliorare la qualità delle nostre relazioni e quindi il rapporto con colleghi e clienti.

In campo esistenziale la comunicazione efficace ci aiuta a migliorare il rapporto con le persone e con noi stessi, migliorando la qualità della nostra vita.

Vediamo insieme scopi e finalità di una comunicazione efficace, come limitare le barriere della comunicazione e come migliorare il nostro processo comunicativo.

Scopi della comunicazione

Una comunicazione efficace ha 4 finalità:

  1. Trasmettere un messaggio comprensibile e coerente;
  2. Migliorare il livello di comprensione del messaggio;
  3. Assicurarsi che l’altro abbia compreso;
  4. Agevolare il processo di relazione.

Vediamoli uno per uno.

1. Trasmettere un messaggio comprensibile e coerente

Quando parliamo non abbiamo la garanzia che il contenuto venga compreso, né che quanto detto giunga al nostro interlocutore in maniera coerente con le nostre intenzioni.

Affinché ci sia vera comprensione dobbiamo far in modo che la nostra comunicazione sia:

  • chiara, facilmente comprensibile al nostro interlocutore;
  • concisa, meglio evitare messaggi troppo lunghi;
  • concreta, ossia supportata da esempi reali;
  • veritiera, perché se vogliamo creare una relazione autentica non ha alcun senso mentire.

2. Migliorare il livello di comprensione del messaggio

Per fare in modo che il mio interlocutore mi comprenda devo considerare che le persone utilizzano i loro sensi anche nella comunicazione.

La Programmazione Neurolinguistica (PNL) ci insegna infatti che, per inviare o comprendere un messaggio, tendiamo a basarci su alcuni canali sensoriali.

La Programmazione Neurolinguistica (PNL in inglese neuro-linguistic programming, NLP) è un metodo di comunicazione definito come “approccio alla comunicazione, allo sviluppo personale e alla psicoterapia”.

Il nome deriva dall’idea che ci sia una connessione fra:

  • i processi neurologici (neuro), 
  • il linguaggio (linguistico), 
  • gli schemi comportamentali appresi con l’esperienza (programmazione).

 Questi schemi vengono organizzati da ciascuno di noi per raggiungere specifici obiettivi nella vita.

Secondo la PNL le tipologie sensoriali sono 3: visiva, uditiva, cineastica.

Secondo la tipologia visiva abbiamo una memoria di tipo fotografico. Delle nostre interazioni ricordiamo soprattutto le immagini e per apprendere abbiamo bisogno di vedere come si fa oppure di avere un promemoria scritto.

La tipologia uditiva invece si basa sul fatto che la nostra memoria è fatta di suoni e per apprendere abbiamo bisogno di ascoltare bene le spiegazioni.

La tipologia sensoriale cineastica si basa sul fatto che ogni persona è molto sensibile alle impressioni che gli arrivano a pelle e nelle interazioni vive. Queste sensazioni sono presenti in modo maggiore rispetto alle parole o alle immagini.

È una tipologia sensoriale collegata alla manualità e dunque per ricordare ha bisogno di fare qualcosa piuttosto che vederlo o sentirlo.

Ricordiamo inoltre che la memoria è di tipo olfattivo, quindi dei posti o delle situazioni vissute tendiamo a ricordare maggiormente gli odori e le sensazioni provate.

Ognuno di noi utilizza tutte tre queste tipologie, anche se in modo diverso.

Ma torniamo alla comunicazione e cerchiamo di capire l’importanza dei diversi approcci sensoriali.

Se voglio inviare un messaggio a una persona che utilizza maggiormente il canale uditivo e lo faccio con la mia modalità che è, ad esempio, visiva, è molto probabile che il mio interlocutore mi comprenda poco.

Di qui l’importanza di cercare di modificare la propria modalità di espressione del messaggio in modo da renderlo maggiormente comprensibile se noto che l’altro ha difficoltà a comprendermi.

In questo caso, ad esempio, potrei utilizzare sia la comunicazione verbale, ma contemporaneamente fermare i punti essenziali del mio discorso in un foglio, utilizzando così anche la comunicazione visiva.

Ho già scritto di quanto sia importante oggi imparare a comunicare con empatia: leggi il mio articolo per capire come, grazie all’empatia, si possa creare un rapporto di fiducia dando valore agli altri e valorizzando se stessi.

 

Comunicazione efficace

L’importanza di una comunicazione che si basa sull’empatia

 

3. Assicurarsi che l’altro abbia compreso

Ricorda che:

Non è sufficiente esprimere un messaggio in modo chiaro e comprensibile per essere sicuri che l’altro ci abbia compreso.

Buona abitudine sarebbe quindi chiedere all’altro di riassumere quanto abbiamo detto (certo, senza fare i professori) con lo scopo di riformulare il discorso.

La riformulazione è molto importante perché ci permette di spiegare meglio ciò che si sta dicendo, evitando così fraintendimenti.

Ci permette inoltre di comprendere ciò che l’altro ha capito di quanto gli abbiamo detto e, quindi, di integrare e approfondire l’argomento.

4. Agevolare il processo di inter-relazione

Per agevolare il processo di scambio di informazione e di inter-relazione e far sì che il nostro interlocutore rimanga nella comunicazione in modo attivo è importante evitare alcune barriere della comunicazione.

Cosa sono le barriere della comunicazione?

Le barrire della comunicazione sono modalità che spesso utilizziamo in modo spontaneo per abitudine o per cultura. Evitarle non è semplice, ma dovremmo cercare di limitarle al minimo.

Le barriere della comunicazione tendono infatti ad essere percepite in modo negativo dal nostro interlocutore, portandolo spesso a chiudere la comunicazione.

Oppure a continuarla, ma mantenendo un approccio di tipo difensivo, per nulla efficace agli scopi di relazione.

Vediamo alcuni esempi di atteggiamenti che costituiscono barriere comunicative:

  • Interpretare: è un modo di definire la parole dell’altro senza chiedergli conferma. Non è detto che corrisponda a verità.
  • Giudicare: il giudizio pone l’altro sulla difensiva e la comunicazione continua in modo negativo, sempre che il soggetto non si allontani.
  • Svalutare: sentirsi svalutati pone una grande barriera verso l’altro. Ci si sente non considerati e non compresi. La comunicazione non sarà più autentica né efficace perché l’altro viene visto come qualcuno che allontana.
  • Punire: la punizione non è mai produttiva, per il semplice motivo che non gratifica. È difficile poi riprendere a comunicare con una persona che si sente umiliata.
  • Sostituire: una persona in difficoltà con il proprio lavoro non va sostituita facendole credere di essere un incapace. Se lo scopo è quello di farle imparare il lavoro va affiancata e resa autonoma.
  • Interrompere: è un atteggiamento che esprime non ascolto e non comprensione dell’altro, anche se pensiamo di sapere cosa vuole comunicarci o abbiamo fretta di rispondere.
  • Pressare: serve solo a far aumentare l’ansia. Non serve a far tirar fuori il meglio di sé all’altro, anzi, il rischio è che reagisca con rabbia.
  • Sviolinare: le gratificazioni sono importanti, ma devono essere sincere. Altrimenti, per la potenza del linguaggio non verbale, la non sincerità viene percepita e l’altro si sente poco stimato.

Ogni volta che utilizziamo questi modi di comunicare dobbiamo renderci conto che mettiamo l’altro in difficoltà e blocchiamo o rendiamo difficile la comunicazione.

Un approfondimento sulle barriere della comunicazione lo trovi nell’articolo Barriere della Comunicazione: impara a riconoscerle e ad evitarle per creare una comunicazione efficace e una relazione autentica

La comunicazione efficace: gestualità e contesto

Per comunicare in modo efficace è importante avere chiari innanzitutto il motivo e l’obiettivo della nostra comunicazione.

Dovremmo chiederci sempre:

  • quale è il vero motivo per cui voglio comunicare ciò che ho in mente?
  • cosa desidero che accada dopo che ho comunicato al mio interlocutore ciò che ho in mente?

Secondo la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) nella comunicazione dobbiamo considerare alcuni aspetti:

  1. Il significato della mia comunicazione è la risposta che ricevo.
    Ciò significa che il comportamento dell’altro è il risultato del mio modo di comunicare, è il feedback della mia comunicazione.
  2. Non si può non comunicare.
  3. L’unica informazione certa su una persona è il suo comportamento.
  4. La persona non è il suo comportamento.
  5. Non c’è mai fallimento, ma solo feed-back.

Comunicazione

Aspetti da considerare per una comunicazione efficace

 

Nella relazione di comunicazione, inoltre, alcuni aspetti giocano un ruolo molto importante, e sono:

  • lo sguardo tra gli interlocutori,
  • a gestualità che accompagna le parole,
  • il tono di voce,
  • la capacità di ascoltare e di comprendersi a vicenda.

Ricorda che ascoltare è diverso da sentire. Senza ascolto non c’è comunicazione, perché diventa impossibile creare interazione tra te e le persone con cui stai parlando.

Negli anni la comunicazione si è evoluta: nei social, all’interno di gruppi o delle community, la comunicazione è cambiata e si generano comportamenti e reazioni ogni volta diversi.

Questo significa che il contesto modifica il modo di comunicare.

E vuol dire che la comunicazione, per essere efficace, non si focalizza più solo su chi parla e su ciò che dice, ma anche sul contesto in cui è inserita.

I social media hanno abbattuto le differenze di status e le relazioni oggi si basano sulla collaborazione, sulla trasparenza e sulla condivisione.

Le caratteristiche della comunicazione efficace

Una comunicazione efficace, ricapitolando, si caratterizza per:

1. Capacità di sintesi. Essere concisi significa comunicare tutte le informazioni importanti senza aggiungere dettagli inutili.

2. Considerazione della visione dell’altro. Conoscenze dell’altro e stato d’animo (con empatia) vanno prese in considerazione per modulare la nostra comunicazione e renderla efficace.

3. Completezza. La comunicazione deve contenere tutte le informazioni necessarie per valutare la situazione e raggiungere gli obiettivi in breve tempo.

4. Concretezza. La comunicazione efficace si basa su dati e fatti a supporto dei contenuti. Comunicare in modo concreto significa anche rispondere in modo preciso alle domande e sviluppare le argomentazioni richieste.

5. Chiarezza. Elemento importante per la chiarezza è l’uso della terminologia appropriata, al fine di ridurre fraintendimenti.

6. Credibilità. Comunicare in modo corretto, evitando errori di sintassi o di grammatica, migliora la chiarezza del messaggio e permette di acquisire credibilità come persona, a tutto vantaggio del messaggio e della relazione.

Anche in campo lavorativo le relazioni oggi si basano sulla collaborazione, sulla trasparenza e sulla condivisione.

Spero che questo articolo possa esserti d’aiuto per migliorare il tuo approccio comunicativo e relazionale.

Credo che tutti dovremmo continuamente mettere in discussione il nostro modo di comunicare con l’obiettivo di renderci migliori e valorizzare i nostri rapporti umani.

E tu, cosa ne pensi?

 

Se ti interessa approfondire le dinamiche comunicative puoi seguire sul mio Blog la sezione Comunicazione: puoi trovare tanti contenuti utili e suggerimenti per migliorare la tua comunicazione.

 

Articolo scritto a maggio 2020 e aggiornato nel mese di luglio 2023
Fonti: psicologi-italia.it

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Il video è davvero per tutti? Consigli per registrare video brevi e di qualità

Il video è davvero per tutti? Consigli per registrare video brevi e di qualità

Potente alleato anche per la comunicazione aziendale, il video deve essere ben fatto, altrimenti meglio evitare

Negli ultimi anni video e dirette social sono i protagonisti della comunicazione. 

Ancor più del 2016 (anno in cui i video, a partire dagli influencer, venivano pubblicati sul web) oggi sono proprio i video a trovare un grande riscontro, anche nella comunicazione aziendale.

I video stanno diventando un mezzo comunicativo molto potente, ma quelli che funzionano oggi sui social sono molto diversi dai video di 5 o anche di quelli di 3 anni fa.

Da TikTok, alla rapida diffusione dei Reels su Instagram al debutto di YouTube Shorts (parte di YouTube dove è possibile guardare, registrare e condividere video di massimo 60 secondi) ciò che accomuna le piattaforme video più amate e usate sono la velocità di fruizione e il formato verticale.

Proviamo insieme a capire perché i video funzionano e vediamo qualche utile consiglio per registrare contenuti di qualità.

Utilità dei video

I video, mentre raccontano, emozionano e coinvolgono e possono così diventare un potente alleato anche per le aziende che, grazie ai siti web e ai social media, possono raggiungere un ampio pubblico.

Se fatti bene, i video posso essere utilizzati per:

  • Far conoscere il tuo brand, la tua attività e i tuoi prodotti. Presentare le loro particolarità e il loro funzionamento;
  • Presentare l’azienda attraverso testimonianze o interviste;
  • Comunicare eventi, fiere di settore, manifestazioni;
  • Fare formazione;
  • Attrarre nuovi clienti sul tuo sito web: dopo aver visto il video una persona può essere incuriosita da quello che proponi decidendo quindi di cercare altre informazioni direttamente sul tuo sito, e magari contattarti direttamente.

Sia che tu abbia una grande realtà aziendale o una piccola attività ciò che conta è riuscire a realizzare dei brevi video, semplici ma concreti, dove presenti nel modo migliore i tuoi prodotti o servizi.

come registrare video di qualità

Perplessità

Non nascondo la mia perplessità. I video bisogna saperli fare. E questo significa che l’improvvisazione rende raramente un buon risultato.

Per essere credibili servono dunque un progetto e alcuni accorgimenti, quali la cura del tono di voce e della mimica facciale, la cura del contesto in cui si svolgono le riprese e la mancanza di rumori di sottofondo.

L’avere poi una bella presenza certo non guasta.

I contenuti contano, ma qualcosa di importante detto male non arriverà mai a chi ascolta.

Bisogna catturare l’attenzione e convincere: sono necessarie empatia, autorevolezza e capacità di gestire i tempi creando un ritmo che trascina.

Parlo anche per esperienza personale. Tempo fa ho seguito un corso di Grafica e Design per la multimedialità il cui progetto consisteva nell’impostare un sito web su un argomento di interesse personale da implementare con pubblicazioni di video autoprodotti.

Ti posso assicurare che girare un video non è affatto semplice: si prova e si riprova perché, in quel minuto, c’è sempre qualcosa che non è andato come si vorrebbe.

Come fare un video

6 consigli da YouTube per registrare, montare e pubblicare video brevi per i social

1. Registra sempre con buona luminosità e audio. Ogni video deve essere di buona qualità, ne va della nostra credibilità e immagine aziendale.
Un contenuto registrato con cattiva qualità audio o video può funzionare solo se a essere ripreso è ad esempio un video di cronaca registrato in diretta, ossia qualcosa di incredibile e irripetibile.

2. La durata dovrà essere adeguata allo scopo del video: più un video é lungo, meno possibilità ha di essere visto per intero.

3. Attira l’attenzione di chi guarda fin dai primi secondi. La parte migliore di quello che devi dire o mostrare deve essere messa all’inizio.

4. Cura anche i testi che accompagnano il video, dalle descrizioni ad eventuali sottotitoli. Il linguaggio deve essere informale, le frasi scorrevoli ed è da evitare il tono accademico.

5. Vince l’autenticità. Un profilo è premiato dalla costruzione di una propria identità ben precisa, a cui restare fedeli e soprattutto in cui mostrarsi per quello che si è senza fingere di essere altro.
Cerca di mantenere il tuo stile anche seguendo le tendenze.

6. Come per tutti i contenuti che si diffondono in rete cerca di avere costanza. Puoi pubblicare una o due volte a settimana, l’importante è che tu sia regolare.

6 consigli per registrare video di qualità
Guarda, ad esempio, i video di quei personaggi che funzionano in rete.

Davanti alla telecamera c’è qualcuno che sa cosa dire (anche se poco) ma quel che conta è che lo dice benissimo: sono quei fenomeni mediatici seguiti dal popolo del web quasi quanto una prima tv. Prova a chiederti il perché.

Sarà che penso che le cose o si fanno bene o non si fanno, ma sicuramente una bella idea raccontata male non verrà mai percepita nel suo completo potenziale.

E questo vale anche e soprattutto per quegli imprenditori che vogliono raccontare da sé il proprio prodotto: la spontaneità è sicuramente qualcosa di prezioso anche in video, ma deve essere gestita con metodo, altrimenti il rischio sarà quello di ottenere una sonora risata, lasciando svanire il risultato sperato.

Sulla comunicazione, per approfondire, potresti leggere:

Creo e gestisco contenuti per blog e siti web e scrivo testi ottimizzati SEO per un migliorarne il posizionamento sui motori di ricerca.

Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

Copywriter

 

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Come scrivere (e comunicare) con empatia

Come scrivere (e comunicare) con empatia

L’empatia, nel copywriting e nella comunicazione, ha lo straordinario potere di creare relazioni. Ma si può imparare a scrivere in modo empatico?

Si fa un gran parlare di empatia. Di come comunicare in modo empatico, di come coltivare l’empatia, di come scrivere in modo empatico.

L’empatia è la capacità di entrare in sintonia con le altre persone, di capire il loro stato d’animo e le loro necessità, la loro gioia e il loro dolore.

Ma nella società di oggi, dove tutto corre in fretta e dove abbiamo poco tempo anche per noi stessi, è possibile coltivare l’empatia?

Io credo di sì, ma dobbiamo imparare a rallentare e coltivare l’ascolto.

Come possiamo pensare di essere compresi se noi per primi non ci poniamo in una situazione di ascolto con gli altri?

L’empatia nasce dall’ascolto, dal silenzio, dalla comprensione. 

E dall’esercizio di alcune buone pratiche.

Come coltivare l’empatia

Coltivare l’empatia non è semplice, ma esistono alcune buone pratiche che, se per alcuni corrispondono alla normalità, per molti invece non sono automatiche, abituati come siamo a vedere la vita dal nostro punto di vista.

Per cominciare possiamo allenarci a tenere questi cinque atteggiamenti, come ci consiglia Rick Hanson, che ha scritto un interessantissimo libro sulla resilienza.

1.Dovremmo abituarci prima di tutto a immergerci nella nostra interiorità: la consapevolezza di sé rafforza la consapevolezza degli altri.

2.Alleniamoci ad assumere il punto di vista altrui, prendendo coscienza del fatto che quanto a noi appare evidente e importante potrebbe non esserlo per gli altri. Ognuno è plasmato dall’ambiente in cui vive.

3.Arricchiamo il nostro bagaglio di competenze “culturali” e confrontiamoci con persone di provenienza diversa dalla nostra. Ciò ci aiuterà a diventare consapevoli di preconcetti inconsci che derivano dalla nostra cultura e dunque a diventare più rispettosi dei bisogni altrui.

4.Impariamo a cogliere le micro espressioni dell’altro, a guardarlo negli occhi e a non fermarsi alla superficie, proprio per cogliere le esigenze e le sofferenze che potrebbero celarsi dietro a un atteggiamento aggressivo o che non riusciamo a comprendere.

5.Alleniamoci a formulare ipotesi, che sono la chiave dell’empatia. Questo ci aiuta ad affinare la comprensione. 

Correggere poi le interpretazioni inesatte è importante per raggiungere una comunicazione empatica e dunque più autentica.

Consigli per comunicare e scrivere con empatia

Come comunicare in modo empatico

Riconoscere le emozioni degli altri, e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita la comunicazione.

Ricorda che:

Se non provi empatia e le tue relazioni personali non sono efficaci, non importa quanto sei intelligente: non arriverai lontano.

(Daniel Goleman)

Ti è mai capitato di parlare con qualcuno e di pensare che quella persona ti capisce all’istante?

Spesso la chiamiamo “sintonia” ma quel che si crea in realtà è comunicazione empatica.

L’ empatia è uno strumento prezioso, forse l’unico, per ottenere fiducia.

Ognuno di noi desidera essere pienamente capito e compreso. Se il nostro interlocutore si sente capito e compreso è normale che vedrà in noi una persona di cui fidarsi e a cui affidarsi.

Una comunicazione efficace fornisce certamente informazioni, dati, notizie e caratteristiche concrete ma comunica anche emozioni.

E quando entrano in gioco le emozioni comunicare anche con il corpo è fondamentale. La comunicazione non verbale comprende l’uso dl corpo, delle mani e l’uso del giusto tono di voce.

Questo perché:

Il messaggio è importante tanto quanto il modo con cui lo si esprime.

Se applichiamo questo concetto al commercio possiamo capire perché, anche se i clienti analizzano e valutano le decisioni di acquisto sulla base di fatti caratteristiche del prodotto, la decisione che spinge all’acquisto è influenzata dalle emozioni che il venditore o il brand dell’azienda riescono a trasmettere.

Anche i nostri collaboratori formano la loro idea su di noi sulla base di fatti e caratteristiche della persona, ma decidono di seguirci e fidarsi di noi in base delle emozioni, ovvero di quell’insieme di sensazioni e sentimenti che spingono ad agire e che generano fiducia.

Per avere una comunicazione più efficace e fare in modo che il tuo messaggio arrivi nel migliore dei modi a clienti e collaboratori, comincia allora mettere un po’ di emozione in quello che dici: usa le mani, muovi il corpo e concentrati anche sul tono di voce.

Come scrivere con empatia

Empatia significa anche saper creare e trasmettere emozioni. Come riuscire a trasmettere emozioni con il copywriting?

Prima di tutto cerca di non essere vago mentre scrivi: comunica concetti precisi, concetti cioè che evocano immagini dettagliate. A tale scopo informati bene e dai tutte le informazioni necessarie e in modo chiaro.

Quando ti è possibile scrivi di cose che ti appassionano e che conosci bene: il tuo testo risulterà più spontaneo e più vero. 

Allenati a non usare verbi all’imperativo. Niente ordini, insomma. Quante volte leggiamo on-line la famosa call-to-action Clicca, Scopri, Acquista?

Per il lettore è molto più coinvolgente essere condotto all’azione in modo più meno aggressivo. Invece di Leggi  utilizza Potresti leggere anche.

Oppure: invece di Acquista la macchina fotografica migliore che c’è sul mercato utilizza Con questa macchina fotografica rivivrai momenti indimenticabili.

In questo modo è come se accompagnassi il lettore, senza forzarlo, a fare la scelta migliore. E in più tocchi il suo lato emotivo.

Inoltre, secondo alcune ricerche di programmazione neuro-linguistica, il nostro cervello dubita di troppa sicurezza e spavalderia e preferisce un approccio più umano e meno infallibile.

Alcuni avverbi che esprimono dubbio quali forse, probabilmente o quasi – contrariamente a quel che si crede – contribuiscono a dare maggiore credibilità al messaggio e dunque a creare fiducia e relazioni.

Altro aspetto importante è quello di utilizzare il giusto tono di voce. E per non sbagliare è necessario conoscere il tuo pubblico di riferimento.

Il tono colloquiale e l’utilizzo del tu è sicuramente il modo migliore per entrare in sintonia con il lettore, ma ciò che conta è riuscire a emozionare. 

Perché si sa, i testi che funzionano meglio sono quelli che emozionano.

 

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Copywriting e comunicazione efficace: la scala dell’astrazione

Copywriting e comunicazione efficace: la scala dell’astrazione

Salire e scendere lungo la scala dell’astrazione aiuta a scrivere con precisione e a far vedere ciò di cui parli al tuo lettore

La scorsa settimana ho scritto un articolo sull’importanza di scrivere in modo preciso e, parlando di parole concrete e astratte ho citato la scala dell’astrazione (se non lo hai letto trovi il link alla fine di questo articolo).

A cosa mi riferisco quando parlo della scala dell’astrazione in ambito comunicativo?

La scala dell’astrazione è una scala del lessico, dove alla base ci sono le parole che definiscono le cose concrete, mentre ai pioli più alti ci sono le parole astratte. Sono quei termini che evocano soprattutto concetti e idee.

In sostanza la scala dell’astrazione è l’equilibrio che dobbiamo avere tra il concetto concreto e il concetto astratto di un termine.

È molto importante sapersi muovere in salita e in discesa sulla scala dell’astrazione, tanto per la buona riuscita dei tuoi scritti quanto per una comunicazione attenta e mirata.

La scala dell’astrazione: come funziona

Il concetto di scala dell’astrazione è stato introdotto nel 1939 dal linguista canadese Samuel Ichiye Hayakawa nel suo libro “Il linguaggio in azione”. 

L’autore afferma che il modo in cui noi esseri umani pensiamo incide su ciò che trasferiamo attraverso lo scritto o la comunicazione in genere, attraverso vari gradi di astrazione.

Mi spiego meglio. Immagina i concetti a cui pensi come se fossero disposti lungo i gradini di una scala. 

Alla base, punto in cui la scala poggia a terra ed è quindi più solida, ci sono le cose concrete della vita: la lista della spesa, il pane, il cane che abbaia, un libro, tutto quello che possiamo toccare.

Al contrario, la cima della scala rappresenta i pensieri astratti, i concetti e gli ideali che ci passano per la mente, come per esempio la libertà, la giustizia, il benessere o la felicità.

In mezzo alla scala ci sono gli elementi che si trovano a metà strada fra un concetto astratto e una cosa concreta: il burocratese, il gergo aziendale, le frasi fatte. “Firme in calce” o “ampia gamma di prodotti” sono frasi inespressive e da evitare.

Per capire meglio come funziona la scala dell’astrazione facciamo un esempio concreto con tre elementi in sequenza.

Se pane, pranzo e mangiare sono sui pioli in basso, cibo e pasto sono un po’ più in alto, mentre nutrizione, sazietà e appagamento sono ancora più su. 

La scala dell'astrazione

Quando uso la scala vedo tutte le parole in sequenza e le relative immagini delle quali voglio trasmettere il concetto. Così posso scegliere.

Altri esempi in sequenza:

  • alla base della scala il romanzo I Promessi Sposi, nel centro della scala la letteratura classica, all’apice la letteratura in generale;
  • alla base della scala un panino con il formaggio, al centro i panini e in cima l’alimentazione;
  • alla base della scala il tuo telefonino nuovo, nel mezzo i telefonini in generale, in cima gli strumenti di comunicazione.

Salire e scendere la scala dell’astrazione

Un bravo copywriter (ma anche un bravo insegnante e comunicatore) deve saper salire e scendere lungo la scala dell’astrazione. 

Se rimani sullo stesso livello, che sia la base o la cima della scala, dai forma a un messaggio non efficace. Il tuo discorso sarebbe infatti piatto, poco preciso e difficilmente comprensibile. 

Può succedere infatti di rimanere ad un livello troppo basso, quindi troppo concreto di ragionamento: è il caso del professionista che espone una serie di dati aziendali senza spiegarne il significato.

Se non vi è alcun riferimento concreto è probabile che il pubblico non comprenda.

Ma anche un ragionamento astratto, se non lo completi con spiegazioni concrete, non è efficace.

Pensa, ad esempio, a un discorso politico: se al lungo elenco di norme e di ideali non vengono aggiunti anche gli aspetti della vita dei cittadini che si propone di migliorare, le parole del politico si perderanno nel vuoto.

Per far sì che il tuo messaggio sia chiaro e ben comprensibile, devi quindi salire e scendere dalla scala dell’astrazione più volte, dando il giusto equilibrio fra concretezza e astrazione. 

Il lettore e l’ascoltatore devono essere coinvolti ad ogni gradino della scala, in modo da mantenere il filo logico del discorso.

Salire la scala dell’astrazione

Salire lungo la scala dell’astrazione ti sarà utile per spiegare un elenco di dati concreti che altrimenti sarebbero di difficile interpretazione.

Ci sono diversi modi per salire gli scalini della scala dell’astrazione. 

Molto efficace è rispondere alla domanda: “Perché è importante?”. In questo modo troverai le correlazioni fra l’elemento concreto di cui stai parlando e il suo significato più generale. 

Ecco alcuni suggerimenti di risalita della scala, se parti da un livello concreto:

  • Se hai utilizzato grafici e diagrammi crea un’immagine riassuntiva per creare collegamenti mentali;
  • Riassumi il tuo discorso fornendo delle linee guida;
  • Trova relazioni fra i tuoi dati e i valori, in modo da guidare il lettore verso concetti più ampi.

Scendere la scala dell’astrazione

Scendere lungo la scala è utile quando parli di elementi molto teorici.

In questo caso per non annoiare il pubblico, che ti segue con difficoltà, fornisci dettagli concreti facili da ricordare.

Se per salire la scala la domanda da porsi è “Perché è importante?”, per scendere rispondi alla domanda: “Come funziona?”.

La risposta ti aiuterà a trovare le giuste correlazioni con la realtà.

Altri consigli:

  • Utilizza un linguaggio sensoriale e guida il pubblico attraverso i suoi sensi: vista, olfatto, udito, gusto e tatto;
  • Racconta brevi storie e aneddoti;
  • Fai esempi concreti per spiegare quello che stai dicendo;
  • Scendi nello specifico attraverso l’uso di dati, tabelle e casi studio.

Descrivere, raccontare, mostrare

Descrivere e raccontare non basta. Bisogna riuscire a mostrare.

Ed è a questo che serve la scala dell’astrazione che, percorsa rapidamente in su e in giù, offre un ventaglio di scelte possibili.

Se l’immagine della scala dell’astrazione è del linguista canadese S. I. Hayakawa, è Andrew Dlugan, esperto in public speaking e founder of Six Minutes, che che ci dà alcuni suggerimenti per salirla e scenderla in modo efficace.

Li riporto nell’infografica qui sotto.

Salire e scendere dalla scala dell'astrazione

Usando la scala dell’astrazione ci apriamo alle infinite potenzialità del linguaggio e riusciamo a capire come non esista parola uguale all’altra.

Per questo è necessario scegliere con attenzione le parole giuste.

E tu, mentre scrivi usi la scala dell’astrazione?

Se vuoi, puoi farmi sapere come ti trovi nei messaggi qui sotto.

Sull’importanza della scelta accurata delle parole puoi leggere anche:

Sara Soliman

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