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Come far diventare un prodotto virale: i 6 elementi chiave della contagiosità secondo Jonah Berger

Come far diventare un prodotto virale: i 6 elementi chiave della contagiosità secondo Jonah Berger

Se vuoi far conoscere la tua idea, prodotto o servizio, segui i consigli di Jonah Berger e del suo “Contagious”

Quali sono le caratteristiche di un messaggio contagioso?

Quali sono i meccanismi che portano la gente a condividere idee e prodotti e a renderli virali?

Stiamo parlando di Jonah Berger e del suo bestseller Contagious: why things catch on – Contagioso: perché un’idea e un prodotto hanno successo e si diffondono, libro in cui  l’autore prende in esame i sei fattori cruciali che aiutano nella diffusione di informazioni, idee, storia o notizie tra le persone.

E tratta, di conseguenza, come diffondere un messaggio o vendere in prodotto: in pratica come trasformare le idee in prodotti di successo.

Questi fattori sono: valuta sociale, stimoli, valore emotivo, visibilità, valore pratico e storie.

Vediamo insieme questi concetti e come mettere le tue idee in “uno stato di passaparola”.

Jonah Berger. Chi è l’autore di “Contagioso: perché un’idea e un prodotto hanno successo e si diffondono”

Jonah Berger è un professore di marketing alla Wharton School University della Pennsylvania e uno dei maggiori esperti di influenza sociale e marketing virale.

Ha trascorso più di 15 anni a studiare come funziona l’influenza sociale e ad analizzare i meccanismi che si attivano nel momento in cui si condivide una storia, un prodotto, un contenuto, andando all’origine del successo di un’idea. 

È anche autore di molti articoli su riviste accademiche e il suo lavoro appare spesso sul New York Times. 

Berger è inoltre consulente per alcune tra le aziende più importanti del mondo come Google, Nike, Apple e la Gates Foundation. 

È stato riconosciuto come una delle persone più creative negli affari dalla rivista Fast Company e la American Management Association l’ha nominato come uno dei top 30 leader nel mondo del business.

I sei elementi chiave della contagiosità

Nel libro Contagioso, perché un’idea e un prodotto hanno successo e si diffondono, Jonah Berger illustra quanto siano popolari certi prodotti, idee o video e perché invece altri vengono ignorati dal pubblico. È un libro utile ai professionisti nel campo del marketing e a tutti coloro che vogliono diventare esperti su come diffondere un messaggio o vendere un prodotto

 

Elementi chiave della contagiosità

Vediamo quali sono, secondo Berger, gli elementi in grado di rendere contagioso un contenuto, intendendo con esso un’idea, un’informazione, una storia, un prodotto, un video.

Per contagioso si intende qualcosa che si diffonde con facilità, che ha probabilità di trasmettersi tra gli individui grazie al passaparola e all’influenza sociale, che sarà condiviso o imitato.

Nelle sue analisi dei contenuti risultati di successo, Berger ha notato alcuni elementi comuni, che sono:

  1. Valuta sociale
  2. Stimoli
  3. Reazioni emotive
  4. Visibilità
  5. Valore pratico
  6. Storie

Vediamoli uno alla volta.

1. Valuta sociale

Il primo fattore che motiva la condivisione o l’imitazione di un prodotto è la moneta sociale.

Condividiamo ciò che ci fa fare buona impressione sugli altri

Il desiderio di rendere gli altri partecipi dei nostri pensieri, opinione ed esperienze è una delle regioni del grande successo dei social network.

Tuttavia, ciò che una persona dice influisce sull’opinione che gli altri hanno di lui. Quindi le persone commentano cose che lo rendono più interessante agli occhi degli altri, non che lo rendono noioso.

Così, proprio come il denaro viene utilizzato per acquistare prodotti e servizi, la moneta sociale viene utilizzata per ottenere buone impressioni con amici e familiari.

Di conseguenza, per fare in modo che le persone parlino di qualcosa dobbiamo confezionare un messaggio che le aiuti a veicolare l’immagine di sé che vogliamo trasmettere.

Dobbiamo cioè trovare ciò che ci rende particolarmente originali e dare a chi parlerà di noi l’impressione di essere a conoscenza di qualcosa di esclusivo.

Le aziende e le organizzazioni, per far parlare di sé devono coniare la valuta sociale, così che, promuovendo i loro prodotti, le persone fanno bella figura.

Ci sono tre modi per farlo:

  1. Creare qualcosa di unico, sorprendente o nuovo. Pensa a come far risaltare il tuo prodotto o la tua idea sul mercato, individua ciò che ti rende unico rispetto alla concorrenza;
  2. Sfruttare le meccaniche di gioco: usa gli elementi di un gioco per creare qualcosa di divertente, interessante e attrarre il consumatore. In questo modo, manterrai le persone impegnate e vorranno sempre di più. Ad esempio, trasforma qualsiasi cosa in un traguardo da raggiungere;
  3. Far sentire le persone privilegiate: un prodotto esclusivo genera il desiderio di acquisto. Se qualcosa deve essere segreto o limitato, le persone vorranno condividere le informazioni per fare una buona impressione. Ad esempio l’accesso a un catalogo esclusivo riservato ai soci: ciò dà agli utenti del sito l’impressione di far parte di qualcosa di esclusivo e saranno spinti a parlarne positivamente.

2. Stimoli

Per fare in modo che il pubblico parli del nostro prodotto è necessario creare uno stimolo.

In “Contagioso”, Jonah Berger spiega che i trigger (inneschi) sono stimoli che ci fanno parlare del prodotto tramite associazione di idee.

Quando si progettano prodotti e idee che sono collegati alla vita di tutti i giorni, i trigger vengono attivati nella mente delle persone ogni volta che ricordano una situazione relativa al prodotto, come una sorta di gancio.

La ricerca mostra che le idee associate ai trigger possono aumentare la condivisione tra le persone del 15%. Pertanto, più persone parlano di un prodotto, maggiori sono le possibilità di acquistarlo. L’efficacia di un trigger è correlata alla frequenza con cui interagiamo con esso, e questa è determinata dall’ambiente che ci circonda.

In sostanza, se abbiamo qualcosa in mente, ne parleremo.

Chiediti allora come puoi associare il tuo prodotto a situazioni comuni e frequenti in modo che al ripetersi di queste venga in mente il tuo messaggio di comunicazione.

3. Reazioni emotive

Secondo Berger:

“quando teniamo a qualcosa lo condividiamo”

Di conseguenza, il contenuto diventa popolare quando suscita qualche tipo di emozione nelle persone, positiva o negativa.

In “Contagioso” Jonah Berger afferma che qualsiasi tipo di prodotto può motivare le emozioni. 

Invece di insistere sulle funzioni di un prodotto dovremmo concentrarci sulle reazioni emotive che può suscitare. 

Emozioni intense (come eccitazione, rabbia o ansia, meraviglia) scuotono e spingono all’azione, per cui possono far in modo che le persone condividano ciò che desideri.

4. Visibilità

Jonah Berger spiega che la tendenza all’emulazione dell’essere umano comporta che se vediamo qualcuno che usa un determinato prodotto, lo vorremo anche noi.

La visibilità agevola l’emulazione e di conseguenza la probabilità di successo di un prodotto e di un’idea.

Pertanto, per diffondere un’idea o vendere un prodotto è necessario renderlo visibile.

Ci sono due fattori essenziali per rendere pubblico (e visibile) qualcosa:

  1. Il primo è l’annuncio stesso, il prodotto o l’idea che mostra l’uso di questo prodotto da parte di un utente. Ciò include i loghi sulle magliette o messaggio alla fine di un’ e-mail inviata su iPhone ( “Inviato dal mio iPhone“);
  2. Il secondo riguarda i resti che un prodotto o un’idea lascia dietro di sé dopo l’uso o l’acquisto, come ad esempio magliette per la partecipazione ad eventi.

In sostanza, se lavoriamo bene sulla riconoscibilità del nostro prodotto ogni volta che una persona lo utilizza in pubblico ci farà pubblicità. È il primo passo di quello che viene definito “riprova sociale” il meccanismo che ci porta a preferire ciò che viene preferito dalla maggioranza.

5. Valore pratico

Il valore pratico è legato alla condivisione di informazioni in grado di aiutare le persone in una determinata situazione.

Alla gente piace aiutare il prossimo e mostrare interesse per i prodotti che fanno risparmiare tempo, denaro e migliorano la salute, ad esempio. 

Pertanto, quando le persone trovano tali caratteristiche in un’idea o in un prodotto, lo condivideranno innescando il passaparola.

6. Storie

Secondo Berger le persone non solo condividono idee, ma amano raccontare storie (esempio ne sono le recensioni sui siti di prenotazione di vacanze).

Dobbiamo quindi sfruttare la viralità e ancorare il nostro messaggio alla storia che abbiamo scelto di collegare al nostro prodotto, in modo che questa non possa essere raccontata senza che venga veicolato anche il messaggio.

“Ed è propriio questo il bello delle storie: le informazioni si trasmettono con quelle che a prima vista sembrano semplici chiacchere”

Interessante notare, in questo ambito, come si possa sfruttare la tecnica di narrazione dello storytelling.

Consigli pratici

Sono questi i 6 elementi chiave della contagiosità. 

In sostanza i prodotti e le idee devono:

  • poter fungere da valuta sociale,
  • rispondere agli stimoli dell’ambiente circostante,
  • saper suscitare reazioni emotive,
  • avere visibilità pubblica e valore pratico,
  • essere inserite in storie più ampie.

Per far questo:

  • Crea un prodotto che faccia buona impressione su chi lo utilizza;
  • Crea un servizio che sia utile ad aiutare gli altri;
  • Crea un prodotto che trasmetta un’emozione alle persone;
  • Fai in modo di mantenere i tuoi prodotti o idee nella mente del consumatore;
  • Trasmetti i tuoi messaggi attraverso storie che suscitano interesse a aiutano l’immedesimazione.

Con lo storytelling l’azienda smette di essere la protagonista del racconto e rende protagonista chi lo percorre.

È la potenza e il successo dello storytelling.

Che ne pensi?

Se vuoi lasciami un messaggio nel box qui sotto.

Potresti leggere anche:

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Da qualche anno tengo Corsi di Comunicazione e scrittura per il web per scuole e privati.

Ho una laurea magistrale in editoria e giornalismo, amo da sempre leggere e andare in montagna, palestra di vita.

Sara Soliman

Copywriter

 

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Copywriting: quali libri leggere per migliorare la propria scrittura

Copywriting: quali libri leggere per migliorare la propria scrittura

Scrivi sul tuo blog ma non hai ancora trovato il tuo tone of voice?
Se sei alla ricerca di libri utili per imparare a scrivere bene sul web questo approfondimento fa per te

Vuoi migliorare la tua scrittura?

Se stai leggendo questo post probabilmente scrivi su un blog e vorresti anche tu riuscire a catturare l’interesse del lettore e tenerlo incollato fino alla fine del tuo scritto. Sai bene che non è semplice scrivere sul web e che saper scrivere non basta.

Ci sono passata anch’io, anzi, a imparare a scrivere bene non si finisce mai. Leggere aiuta molto e sono tanti i libri che insegnano a migliorarsi.

Ho fatto una lista di libri a tema scritturaprofessionale e creativa. Sono tutti libri che he ho trovato molto utili nel mio lavoro di copywriting e li ho riuniti allo scopo di creare una piccola guida interessante anche per te, che vuoi imparare a scrivere bene.

Prima di tutto ti lascio alcuni consigli: sono le basi da cui partire per farsi leggere online.

Poi parleremo di libri.

Come scrivere bene: da dove iniziare

Prima di parlare di libri vorrei che fossero chiari alcuni concetti importanti per scrivere bene:

  1. Per scrivere è importante prima di tutto leggere tanto: serve per imparare la buona scrittura e per conoscere nuovi vocaboli. Inoltre anche la scrittura, come il web e i social, è in continua evoluzione.
    Leggi, leggi molto e resta aggiornato, anche su argomenti di attualità.
    Leggi tutto quello che ti piace, non solo testi di lavoro o sulla comunicazione: dai romanzi ai fumetti, dalle biografie ai saggi: il tuo stile si formerà assorbendo gli stili degli autori che ami di più e che ti entrano dentro.
  2. Mentre scrivi pensa al tuo destinatario: usa il tono di voce appropriato e fermati a immaginare l’effetto delle parole che hai scelto.
  3. Scegli parole semplici e concrete, parole che stimolano la visualizzazione e aiutano a immaginare ciò di cui stai parlando.
    Cerca di scrivere frasi brevi, o almeno alterna frasi brevi e lunghe, l’importante è poi eliminare tutto quello che è in più e valorizzare ciò che è essenziale.
  4. Dai la giusta importanza a spazi e interlinee: nel web il muro di testo non appassiona nessuno, anzi, invita ad abbandonare la pagina.
    Per approfondire leggi il mio articolo Copywriting: leggibilità, forma del testo e SEO
  5. Scrivi in modo empatico, cercando cioè di coinvolgere il tuo lettore, di dialogare con lui e di capire cosa va cercando.
    Ma non solo: impara a metterti nei suoi panni, di comprenderne le ragioni, le emozioni, i bisogni, i timori.
    Esattamente l’opposto dello stile accademico e impersonale.
    Per approfondire puoi leggere: Come scrivere (e comunicare) con empatia

Ricorda inoltre che la scrittura di testi per il web richiede fantasia, ma anche tecnica e capacità di scrivere guardando al risultato.

Per scrivere bene imparate a nuotare: lezioni di scrittura di Giuseppe Pontiggia

Questo è il primo libro da leggere per imparare a destreggiarsi tra tecnica e personalità, per aspiranti scrittori della carta ma anche del web.

“Per scrivere bene imparate a nuotare” è una raccolta di lezioni di scrittura pubblicate a metà degli anni Novanta su due riviste (Wimbledon e Sette) e riunite a cura di Cristiana De Santis, docente di Linguistica italiana all’Università di Bologna.

Le lezioni sono di Giuseppe Pontiggia (1934-2003), curatore editoriale, docente e scrittore di romanzi, articoli e saggi, alcuni dei quali dedicati proprio alla scrittura. A lui si deve l’apertura della prima scuola di scrittura italiana, nel 1985.

Secondo Pontiggia “scrivere è prima di tutto consapevolezza dei propri strumenti: come avviene per un artigiano che lavora nel suo laboratorio, si devono conoscere i ferri del mestiere e si deve imparare come usarli. Senza questa coscienza ci si trova come colui che non sa nuotare e che muove braccia e gambe in modo convulso e inconsapevole, non riuscendo a stare a galla.”

Il libro contiene trentatré conversazioni in cui l’autore, in forma di intervista, affronta i molti aspetti della scrittura espressiva a cui si aggiungono altre quattro lezioni, “per addetti ai lavori ma non solo”.

 

 

Alla domanda se scrittori si nasce o si diventa, Pontiggia ha risposto:

Quanto all’annoso quesito, se scrittori si nasce o si diventa, risponderò che linguisticamente è privo di senso. Non ho mai conosciuto nessuno che sia «nato» scrittore. Ho conosciuto alcuni che lo sono diventati dopo un tirocinio molto duro, fatto di tentativi, scacchi, fallimenti, provvisorie esultanze e ricorrenti depressioni.

Ecco, scrivere non è semplice per nessuno ma, se lo si desidera, si impara. E scrittori si diventa.

Libri da leggere per scrivere bene

Eccoci arrivati all’elenco di libri. Ho riunito libri sul copywriting, libri di storytelling, libri di scrittura creativa e saggi: tutti testi che ho trovato utili per mia professione di copywriter e blogger.

Iniziamo con alcuni manuali di scrittura e sintassi, ricchi di consigli tecnici e pratici, scritti dalle migliori copywriter italiane:

  • La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro del copywriter, Annamaria Testa, il Saggiatore;
  • Il mestiere di scrivere. Le parole al lavoro tra carta e web, Luisa Carrada, Maggioli Editore;
  • Paroline e paroloni, Luisa Carrada, Zanichelli Editore;
  • Struttura&Sintassi, Luisa Carrada, Zanichelli Editore.

Un e-book di Henneke Duinstermack, maestra indiscussa dei copywriting coinvolgente ed empatico:

  • How to Write Seductive Web Copy, Kindle books, Henneke Duistermaat.

Aggiungerei altri due testi molto interessanti per conoscere le dinamiche che sottostanno ai processi decisionali e ai comportamenti dell’essere umano. Sono informazioni che aiutano a scrivere testi convincenti.

Dei grandi maestri ti consiglio:

  • Come un romanzo, di Daniel Pennac.
  • Pronto soccorso per scrittori esordienti, di Jack London.
  • Scrittura creativa (I quaderni Fandango), di John Gillard.
  • La prima frase è sempre la più difficile, di Wisława Szymborska.

 

Sul tema potresti leggere anche:


Spero tu abbia trovato, in questo elenco, qualche libro che stimola la tua curiosità. 
Mi piacerebbe sapere se ne hai letto qualcuno o se hai altri titoli da consigliare: se ti va puoi scrivermi nel box qui sotto!

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Le 40 regole di scrittura di Umberto Eco per scrivere bene in italiano

Le 40 regole di scrittura di Umberto Eco per scrivere bene in italiano

Dalle Bustine di Minerva una lezione linguistica senza tempo per la letteratura ma anche per scrivere sul web

Umberto Eco ha pubblicato, nella sua famosissima rubrica de l’Espresso “La bustina di Minerva”, le celebri 40 regole di scrittura, conosciute da tutti coloro che si occupano di scrittura e di letteratura.

Si tratta di 40 regole per scrivere bene in italiano, alcune riguardano la sintassi della frase, altre l’aspetto grammaticale e altre ancora l’utilizzo dei termini corretti, ma tutte vengono presentate in modo particolare: ogni regola viene spiegata infrangendo la regola stessa.

“La bustina di Minerva” è la rubrica che Eco iniziò a scrivere nel marzo del 1985 e che seguì con regolarità settimanale sino al marzo 1998 quando è diventata quindicinale, e poi fino alla sua morte (2016).

Proviamo a pensare a come scriviamo oggi nei blog e nei social: questa famosa lista ci torna utile per migliorare la nostra scrittura con l’obiettivo di scrivere in modo chiaro e comprensibile per il lettore.

Le 40 regole di scrittura di Umberto Eco

Veniamo alle famose 40 regole di Umberto Eco per scrivere bene in italiano. Puoi trovare i termini di uso poco comune nel glossario a fine articolo.
Eccole:

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.

2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.

3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.

4. Esprimiti siccome ti nutri.

5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.

7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.

8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.

9. Non generalizzare mai.

10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu. ”

12. I paragoni sono come le frasi fatte.

13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).

14. Solo gli stronzi usano parole volgari.

15. Sii sempre più o meno specifico.

16. La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.

17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.

18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

19. Metti, le virgole, al posto giusto.

20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.

21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.

22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.

23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?

24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe – o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento – affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.

26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.

30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.

31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.

33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.

34. Non andare troppo sovente a capo.
Almeno, non quando non serve.

35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

40. Una frase compiuta deve avere.

 

Regole di scrittura

Umberto Eco nella sua casa. Fonte dell’immagine: wikimedia.org

 

Sono divertenti eufemismi, non trovi? Ma come utilizzare oggi queste regole di scrittura?

Il mio consiglio è quello di non prenderle come una lista da rispettare alla lettera ma di conoscerle e farle tue, riflettendo sul tuo modo di scrivere.

Sicuramente vanno considerate come un esperimento letterario ben riuscito, da cui prendere esempio di stile e ironia.

Trasgredire non è detto che sia un errore, anzi, come ha scritto Eco:

“Allenarsi a rischiare errori, con la speranza che alcuni siano fecondi. […] Certe volte temo che chi non scopre mai niente sia colui che parla solo quando è sicuro di aver ragione. È mica vero quel che ci raccomandavano i genitori: “Prima di parlare pensa!”. Pensa, certo, ma pensa anche ad altro. Le idee migliori vengono per caso. Per questo, se sono buone, non sono mai del tutto tue.”

 

La bustina di Minerva: libro e origini del titolo

Nel 2000 Bompiani, storico editore di Eco, raccolse alcune delle migliori “bustine” pubblicate fino ad allora sul settimanale e ne fece un libro intitolato, appunto, La bustina di Minerva.

Nel libro Eco spazia da riflessioni sul mondo contemporaneo alla società italiana, dalla stampa al destino del libro all’epoca di Internet, sino ad alcune caute previsioni sul terzo Millennio e a una serie di raccontini o “divertimenti”.

Come spiegò nella prima delle sue “bustine” (pubblicata il 31 marzo del 1985) lo stesso Umberto Eco, leggendo il nome Minerva si potrebbe pensare alla dea della sapienza. 

Lui si ispirò invece, per il titolo della sua rubrica, alla confezione di cartone dei fiammiferi Minerva, sul cui lembo interno molti fumatori avevano l’abitudine di prendere note e appunti.

Eco stesso infatti ricorda che:

“Valentino Bompiani scriveva (e forse scrive ancora) le idee che gli passavano per la testa sul retro delle scatole di raffinatissime sigarette turche. Credo conservi migliaia di ritagli di scatole nei suoi archivi, e molte delle sue iniziative editoriali sono cominciate così. Dal numero delle schede accumulate felicemente, direi che il fumo non fa male.”

 

Origine delle 40 regole di scrittura

Sembra proprio che, anche se la stesura di questi quaranta consigli sia frutto dell’intelletto linguistico e dell’ironia di Umberto Eco, le regole in sé non siano frutto della sua penna. 

Si tratta di un elenco tratto da alcuni manuali di scrittura della tradizione anglosassone che, in questo modo, vengono un po’ presi in giro, mentre le regole stesse vengono rese gioco umoristico e linguistico.

Dobbiamo sicuramente a Umberto Eco il fatto di averle riprese e diffuse con ironia nel nostro paese.


Glossario

Allitterazione: formulazione che consiste ripetizione, spontanea o ricercata (per finalità stilistiche o come aiuto mnemonico), di un suono o di una serie di suoni, acusticamente uguali o simili, all’inizio di due o più vocaboli successivi.

Lilote: figura retorica che si ottiene mediante la negazione del contrario (ad esempio: risultato non cattivo per dire buono).

Metafora: figura retorica che consiste nella sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini (ad esempio: sei un leone).

Preterizioni: figura retorica che consiste nell’affermare di voler tacere qualcosa di cui tuttavia si parla o comunque si fa cenno (ad esempio: meglio non parlare di…)

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Rocco Schiavone, l’angelo caduto raccontato da Alessandro Carbone, Producer Rai Fiction

Rocco Schiavone, l’angelo caduto raccontato da Alessandro Carbone, Producer Rai Fiction

La quinta serie di Rocco Schiavone andrà in onda nell’autunno del 2022: le anticipazioni di Antonio Manzini alla Festa del Libro e della Lettura di Roma

Il pubblico televisivo non si è ancora stufato del Vicequestore di Aosta Rocco Schiavone. Anzi, la fiction con protagonista Marco Giallini è tra le più amate dal pubblico italiano, in onda su Rai2 dal 2016 con ascolti ottimi.

A distanza di poco più di 3 mesi dal finale della quarta stagione, Antonio Manzini, dai cui romanzi è stata tratta la serie, ha anticipato qualcosa sui prossimi episodi della serie tv prodotta da Rai Fiction. 

In occasione della presentazione del suo ultimo libro Vecchie conoscenze durante il La Festa del Libro e della Lettura di Roma, Antonio Manzini ha detto:

“Questo libro chiude tutta una serie di problematiche che si erano aperte nei libri precedenti e dal prossimo devo ricominciare da zero.”

E continua: “Dal nuovo romanzo saranno tratte tre nuove puntate con Marco Giallini, tre da questo libro e una quarta da un vecchio racconto in cui Rocco deve risolvere un caso su un treno, un Freccia Rossa. Si dovrebbero girare a febbraio prossimo per almeno 4 mesi per andare in onda nell’autunno 2022.”

In attesa di vedere nuovamente il nostro amato Rocco Schiavone nella quinta serie vi ripropongo la chiacchierata che nel 2016 (all’esordio di Rocco in TV) feci con Alessandro Carbone, amico e Producer di Rai Fiction.

Rocco Schiavone, l’angelo caduto che affascina i telespettatori

La serie televisiva del vicequestore Rocco Schiavone, iniziata il 9 novembre 2016 e prodotta da Rai Fiction e Cross Pruductions, sta riscuotendo un ampio successo di pubblico (13,90% di share con 3 milioni e 524 mila spettatori nella puntata del 23 novembre 2016, dati auditel).

Noi dello Studio AEsse Communication abbiamo pensato di intervistare Alessandro Carbone, amico e Producer di Rai Fiction, che ci rivela alcuni aspetti interessanti dello spigoloso Rocco.

Alessandro, spiegaci innanzitutto il tuo ruolo professionale nella produzione della serie televisiva dedicata a Rocco Schiavone. Serie tratta dai romanzi dello scrittore Antonio Manzini. 

carbone

Alessandro Carbone

Io e la mia collega Fania Petrocchi siamo i Producer della fiction per conto della Rai.

Il nostro compito è stato quello di coordinare lo sviluppo delle sceneggiature adattando al meglio i romanzi di Manzini, un compito non facile… ma la presenza dello scrittore nel team degli sceneggiatori è stata essenziale affinché il sapore delle storie venisse tradotto anche visivamente.

Finite le sceneggiature abbiamo seguito le riprese sul set affiancando da vicino la società di produzione Cross Productions che ne ha realizzato la produzione esecutiva.

E infine stiamo seguendo tuttora il lavoro di post produzione delle puntate che vanno in onda.


Hai qualche aneddoto o qualcosa di particolare da rivelarci?

Partire da una base letteraria così bella, così intensa e proveniente da un successo editoriale stratosferico ha reso il lavoro esaltante e allo stesso tempo ci ha posto davanti a una grande sfida: mantenere la straordinaria poesia e umanità che i romanzi contengono.

Il personaggio, interpretato dall’attore Marco Giallini, viene rappresentato come una figura complessa e combattuta sul piano psicologico. Scorbutico, saccente, cinico, Schiavone si avvicina, secondo te, più a Holmes di Doyle o a Maigret di Simenon?

A tutti loro e a nessuno di loro allo stesso tempo, direi che è impulsivo come Holmes e riflessivo come Maigret…

Insomma è romano: un concentrato di indolenza, sarcasmo e ‘tigna’.

E rispetto a queste figure letterarie ha un dolore più violento e profondo che lo tormenta e non gli dà pace. Rocco parla con sua moglie morta perché è vivo ed indelebile il suo ricordo nel cuore.

 

Rocco Schiavone

Rocco Schiavone ad Aosta

Lo svolgersi degli episodi contiene un fil rouge che contribuisce a tenere alta la tensione del noir?

Il filo rosso è la vita di Rocco. I gialli contenuti negli episodi sono viaggi ‘interiori’ dove conta più il percorso, la strada che si sceglie di fare piuttosto che la destinazione.

Trovare i colpevoli, o meglio, coloro che Schiavone ritiene i colpevoli è la sua ultima missione su questa terra prima di ricongiungersi con l’amata Marina.

Quanto emerge e quanto incide, nella serie, l’insofferenza di Schiavone verso la società che lo circonda?

Molto, perché Rocco filtra la vita attraverso le sue particolari lenti etiche, la sua personale visione della giustizia.

Le sue ‘rotture di coglioni’ sono punti fermi con cui misura il mondo e non è uno che lo dice tanto per dire, Rocco dice sempre la verità, non mente quasi mai e se mente è perché vuole mandare in galera qualcuno. E ci riesce sempre.

Pur con la consapevolezza che esiste sempre una certa differenza tra romanzo ispiratore e film, quanto, dei romanzi di Manzini, ritroviamo nella serie?

Moltissimo, perché Antonio Manzini firma con Maurizio Careddu le sceneggiature e quindi la fedeltà al personaggio e alle atmosfere è stata una priorità di tutti.

L’unica cosa a cui Antonio non aveva mai pensato è il volto di Rocco, per scelta, affinché ogni lettore potesse costruirsi il proprio Schiavone in libertà.

Invece noi avevamo l’obbligo di pensarlo e grazie alla stratosferica interpretazione di Marco Giallini e alla straordinaria regia di Michele Soavi, Rocco Schiavone ora ha carne, sangue, ossa e vaffa per tutti.

Ne esce così un personaggio che sa intuire soluzioni impensate agli enigmi criminali. I suoi difetti appaiono l’altra faccia della medaglia della pietà per i derelitti e del grande dolore che gli ha straziato il cuore (la morte della moglie Marina).

Rocco sembra essere, insomma, una specie di angelo caduto.

Grazie Alessandro per questo tuo racconto sincero sul nostro amato Rocco.

Attendiamo ora con ansia la trasposizione dell’ultimo romanzo di Antonio Manzini Vecchie Conoscenze, uscito in libreria a inizio del 2021.

Sarà, come sempre, un successo.

 

Articolo a cura di Sara Soliman
© 2016 AEsse Communication

Intervista rilasciata nel mese di ottobre 2016
Revisione luglio 2021
Immagine di copertina Ufficio Stampa RAI

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Sara Soliman

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Scrivere con leggerezza: una lezione da Italo Calvino per il copywriter

Scrivere con leggerezza: una lezione da Italo Calvino per il copywriter

Italo Calvino ci lascia una lezione di stile senza tempo, che è anche gioia per mente e cuore 

Riordinando la libreria, qualche giorno fa mi sono ritrovata a sfogliare il noto testo di Italo Calvino “Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio”, libro che ho letto e riletto e che contiene importanti lezioni per il copywriter.

Il libro raccoglie i manoscritti preparatori delle sei lezioni che Calvino avrebbe dovuto tenere alla Harvard University, in occasione delle Charles Eliot Norton Poetry Lectures dell’anno accademico 1985-1986.

Purtroppo se ne andò prima di salire sulla prestigiosa cattedra e dobbiamo ringraziare la moglie Esther se possiamo leggere oggi il dattiloscritto originale, dove sono presenti però solo 5 delle 6 lezioni programmate: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità.

Dell’ultima lezione sappiamo solo che avrebbe dovuto intitolarsi Coerenza.

Sei lezioni che fanno capo ad altrettanti concetti cardine della buona scrittura. Sei lezioni di stile senza tempo, che sono gioia per mente e cuore.

Parliamo allora della leggerezza, prima lezione e primo capitolo del libro, che ho sottolineato quasi per intero, tanti sono gli spunti di riflessione che hanno arricchito la mia sensibilità di lettrice prima e di copywriter poi.

Seguimi e vediamo insieme qualche consiglio su come “scrivere con leggerezza”.

La leggerezza per Italo Calvino: il valore della buona scrittura

Nel 1985 Calvino ci spiega  “perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto”.

Questo significa che trent’anni fa la sottrazione di peso (o meglio, pesantezza delle parole) non era per nulla amata in letteratura e che Calvino era abbastanza avanti da capire l’assurdità di una tale visione ristretta e intrisa di pregiudizi.

Non che oggi le cose siano cambiate molto, dal momento che la leggerezza in letteratura viene spesso additata come superficialità, pressapochismo e, soprattutto, incompetenza.

Ma cosa intendeva Calvino per leggerezza?

Leggendo le prime pagine colpiscono le riflessioni e le citazioni di alcuni tra i più grandi scrittori di tutti i tempi quali esempi di “leggerezza”: da Ovidio a Montale, da Kundera a Dante.

Più avanti leggiamo:

“Spero innanzitutto d’aver dimostrato che esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza.”

Anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca, le cui parole, per Calvino:

“si attaccano subìto alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.”

Insomma, lo scrittore sembra volerci dire: il peso non è un nemico da combattere, la pesantezza lo è.

La pesantezza si forma con l’uso di parole aspecifiche e generalistiche. Sono quelle parole che non aggiungono nulla al testo e anzi, lo rendono pesante.

Sono parole pesanti (o opache) le parole parole astratte, che uccidono la vivezza del testo e che spesso possono essere eliminate senza cambiare il significato alla frase (alcuni esempi: contestualizzazione, approccio, carattere, sul piano, ecc.)

Possiamo trovare la pesantezza anche nei tecnicismi, facilmente sostituibili con parole di più facile comprensione per il lettore.

Scrivere con leggerezza: parole precise e punteggiatura

La leggerezza a cui aspiriamo mentre scriviamo non sarà mai sinonimo di frivolezza, sottolinea Calvino.

Cercare di scrivere “con leggerezza” vuol dire molte cose: scrivere con precisione e determinazione, mescolare malinconia e humor, ma anche allontanarsi dalla vaghezza (parole che indicano vaghezza: come, quasi, pressoché, e via dicendo) della scrittura generalista.

E poi vuol dire anche alleggerire il linguaggio con un’astrazione del ragionamento e con la costruzione di immagini evocative e simboliche perché, come mi piace ricordare, mentre noi scriviamo chi legge vede immagini.

Scrivere con leggerezza significa utilizzare parole che informano, che descrivono, che sussurrano, che trasmettono emozioni.

Anche curare la punteggiatura ci aiuta a rendere i testi più leggeri: oltre a conferire ritmo al testo, la punteggiatura ci permette infatti di fare respirare il testo.

Niente di facile, è vero, ma si tratta sicuramente di un vero passo in avanti per la qualità della buona scrittura.

In fin dei conti, come abbiamo visto, la leggerezza ha radici profonde.

Paul Valéry ha scritto:

“Il faut être léger comme l’oiseau, et non comme la plume”.

Hai letto anche tu il libro “Lezioni Americane” di Italo Calvino?
Mi piacerebbe sapere se condividi il suo pensiero sulla leggerezza della buona scrittura.

Se vuoi lasciami un messaggio nel box qui sotto!

 

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Foto di copertina: Coley Christine per Unsplash

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Esercizi di Stile di Raymond Queneau: come arrivare al lettore con il giusto stile. Una lezione per il copywriter

Esercizi di Stile di Raymond Queneau: come arrivare al lettore con il giusto stile. Una lezione per il copywriter

Un testo, quello di Queneau, che ci dimostra l’importanza della fantasia e dello stile. E che non può mancare nella biblioteca del copywriter

Gli Esercizi di stile di Queneau, pur essendo uno scritto un po’ datato (è del 1947) resta ancora oggi una lettura obbligata per chiunque ami la scrittura e per chiunque si occupi di scrittura professionale e di copywriting.

Nel testo un singolo episodio viene descritto in ben 99 versioni linguisticamente e stilisticamente diverse, mostrandoci le infinite possibilità del linguaggio.

Un libro così atipico, e da tutti lodato, non poteva che incuriosirmi.

La storia è semplice (banale, scriverà in nota lo stesso Queneau): il narratore nota sull’autobus un giovane, dal collo lungo e dal cappello decorato con una specie di treccia di corda al posto del nastro.

Il giovane ha prima un battibecco con un altro passeggero e poi va a sedersi in un posto che si è liberato.

Più tardi, il narratore incontra nuovamente il ragazzo, ora in compagnia di un amico, il quale gli consiglia di fare aggiungere un bottone al soprabito.

Per raccontare novantanove volte questo episodio di vita quotidiana lo scrittore utilizza figure retoriche, generi letterari diversi (dall’epico al drammatico, dal racconto gotico alla lirica giapponese, dal discorso volgare a quello ingiurioso, dal sonetto all’ode), giocando con il lessico e con la sintassi.

Il risultato: novantanove versioni dello stesso banale racconto ma all’insegna dell‘umorismo, del virtuosismo linguistico, della fantasia, della creatività.

Una sorta di caleidoscopio di punti di vista, a dimostrazione delle infinite possibilità della lingua e dei diversi risultati che comportano l’uso di stili differenti.

Oltre ad ammirare il gioco di bravura del matematico Queneau, cosa dobbiamo apprendere noi web writer?

Citazione Queneau

Giocare con le parole, aggiungere un velo di mistero e rendere il testo brillante: questo sembra voler dire Raymond Queneau

Esercizi di stile: umorismo, interstualità e co-testualità

Non nascondo che quando ho comprato il libro di Queneau pensavo che, forse, mi sarei annoiata. E invece leggendolo ho sorriso, mi sono spesso sorpresa dell’uso talvolta azzardato delle parole e dell’umorismo intrinseco a ogni racconto.

Gli Exercices giocano sull’intertestualità, essendo parodie di altri discorsi, e sulla co-testualità.

Il racconto banale diventa la base su cui tessere le molte varianti retoriche, linguistiche, sintattiche e percettive che il linguaggio offre.

Alle figure vere e proprie – come la Metafora o le Sinchisi – si affiancano declinazioni giocate sulla dimensione idiomatica, come gli inglesismi, fino alla scomposizione della sintassi.

Gli stili giocano anche sul cambio di prospettiva o sull’ambiguità del punto di vista tra io-narrante, protagonista e antagonista, come nel caso delle Contro verità o dell’Aspetto soggettivo. 

Fino a spingersi al confine del puro visibile dove – in Arcobaleno, Onomatopee, Interiezioni – il verbale diviene solo lo strumento per creare sensazioni, suoni ed emozioni.

Se vuoi approfondire il tema dell’utilizzo delle figure retoriche leggi anche l’articolo Copywriting: guida all’utilizzo delle principali figure retoriche

 

Umberto Eco: traduzione o riscrittura?

In Italia il testo di Queneau è stato tradotto con successo da Umberto Eco, che ha intuito (come afferma lui stesso nell’introduzione) la necessità, per niente facile, di intendere cosa significasse tradurre con fedeltà un libro così particolare.

Scrive Eco:

“In breve nessun esercizio di questo libro è puramente linguisitco, e nessuno è del tutto estraneo alla lingua. In quanto non è solo linguistico, ciascuno è legato all’intertestualità e alla storia.
In quanto legato a una lingua è tributario del genio della lingua francese.
In entrambi i casi bisogna, più che tradurre, ricreare in un’altra lingua ed in riferimento ad altri testi, a un’altra società, e un altro tempo storico”.

Non si tratta, infatti, di una traduzione letterale, bensì di una sorta di riscrittura che mette in gioco le capacità autoriali di chi si cimenta in una tale “impresa”.

E aggiunge:

“Fedeltà significava capire le regole del gioco, rispettarle, e poi giocare una nuova partita in un’altra lingua e con lo stesso numero di mosse”.

Che Queneau fosse un genio credo sia indubbio, ma lo scrittore francese vuole dirci che il linguaggio è un’arma potente e che basta solo un po’ di fantasia per ottenere risultati incredibili.

Esercizi di Stile Queneau

Raymond Queneau, Esercizi di stile, Einaudi Editore

 

Gli Esercizi di stile e il copywriter

Cosa possiamo imparare noi copywriter del web da un testo così fantasioso?

Una cosa è certa: scrivere assecondando Google non deve far passare in secondo piano lo scrivere per il lettore.

E allora liberiamo la fantasia e giochiamo con il linguaggio, pur guardando alle parole chiave.

Non sono una SEO, ci tengo sempre a precisarlo, ma da quando mi occupo di ottimizzazione dei testi per il web una cosa l’ho imparata:

Google e l’utente cercano la stessa cosa.

Non dobbiamo scrivere contenuti pensando che “accontentare” Google sia la soluzione e che saremo premiati. Se il nostro scritto non sarà interessante e fruibile per l’utente, Google non ci farà apparire nelle prime posizioni della serp. Provare per credere.

E allora non ci sono scuse: chi ha talento e la volontà di sperimentare il linguaggio in tutte le sue forme non annoierà mai il proprio lettore. A patto di ricordare che l’utente finale è lui e non Google.

Soffermandoci poi sui diversi stili usati da Queneau nei suoi esercizi notiamo quanto l’uso dell’uno o dell’altro comportino un risultato finale molto diverso.

Da qui l’importanza di scegliere il giusto stile, timbro e ritmo. In una parola il tone of voice.

E tu, sei pronto a cimentarti in questo gioco linguistico?

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